Omelia di Mons. Pennisi durante la celebrazione Eucaristica

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Domenica IV di Pasqua A Santuario SS. Crocifisso Monreale   3 maggio  2020  

 

Carissimi Confratelli della Confraternita del SS. Crocifisso in Monreale e membri delle Confraternite della Confederazione Nazionale, che a causa di questa pandemia ci seguite attraverso vari mezzi della comunicazione sociale,  anche se lontani fisicamente ,Vi sento spiritualmente vicini e Vi saluto con grande affetto

Oggi siamo riuniti il tre maggio, giorno in cui si celebrava l’antica festa liturgica dell’invenzione cioè del ritrovamento della santa Croce da parte di S. Elena, in questo Santuario, dove è venerato da secoli il SS. Crocifisso, come cimelio prezioso di fede, che si collega con “la bella eredità” trasmessa dai nostri padri, che è stata rilanciata dall’arcivescovo Girolamo Venèro nel 1625.

In quell’anno, in cui la città di Monreale fu funestata dalla peste, il Crocifisso fu portato in Cattedrale dall’11 al 19 aprile. Si legge in un documento dell’epoca:” non senza grande comune meraviglia e letizia la peste cominciò a diminuire da quel giorno”.

 È questo l’atto di nascita della festa del SS. Crocifisso, che da allora si celebra a Monreale ogni 3 maggio.

Al santissimo Crocifisso, venerato in questo santuario, in tanti paesi della nostra diocesi e in tante confraternite, è riservato un particolare culto, perché lungo i momenti più travagliati della nostra storia, si è sempre rivelato un grande aiuto e continua ad esserlo anche oggi.

Nel volto del Crocifisso risplende la bellezza, il perdono e la misericordia di quello che il popolo di Monreale invoca come “Patruzzu amurusu”, da cui invoca la Grazia, cioè il suo amore gratuito.

         Lasciamoci guardare dal Crocifisso e guardiamo il Crocifisso per far nostra quella sua compassione per noi stessi e per i nostri fratelli.

 

  Nel SS. Crocifisso la ferita provocata dal peccato e dall’ingratitudine dell’uomo, diventa fonte di grazia, feritoia di una sovrabbondanza d’amore.

Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi, un amore che sorprende per la sua generosa radicalità e gratuità.

        La contemplazione del SS. Crocifisso deve essere motivo di riflessione sulla nostra fede, di conversione del cuore, di pentimento dei nostri peccati, di proposito di vivere una vita nuova e di impegno generoso di carità per venire incontro ai nostri fratelli e sorelle bisognosi di affetto, di consolazione, di cure, di cibo, di lavoro, di accoglienza, di speranza.

La crisi provocata dalla diffusione del coronavirus sta offrendo un'occasione ai membri delle nostre Confraternite di testimoniare la solidarietà, l'attenzione e la genialità che nascono da un'esperienza di fede animata dalla carità, convintamente abbracciata e vissuta.

 

In un periodo in cui ci sentiamo smarriti, impauriti, disorientati sentiamo la necessità la necessità di un punto di riferimento certo, di una guida sicura che dia un senso alla nostra vita, la parola di Dio ci presenta Gesù Cristo Crocifisso e Risorto come sorgente della nostra speranza.

  San Pietro nella prima lettura dice al popolo d’Israele che “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”. Nel nome di Gesù otteniamo il perdono dei peccati e il dono dello Spirito santo se siamo disposti a credere al suo amore gratuito e a cambiare vita.

 

Nella seconda lettura, sempre l’Apostolo Pietro ci dice che Gesù Cristo Crocifisso "portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia”. E aggiunge: “dalle sue piaghe siete stati guariti” .

Il Vangelo ci presenta Gesù come il pastore vero, buono e bello che ci promette una vita piena.

Gesù Cristo è il pastore esemplare che cammina innanzi alle pecore, ma è anche la porta attraverso la quale esse passano per entrare nell’ovile e per uscire al pascolo.   

Egli non è un pastore che spadroneggia sul gregge, né tanto meno un mercenario ma un agnello mite ed umile in cui tutti possono confidare.

 

Gesù è il buon pastore che salva attraverso la manifestazione della sua intimità, che ci spalanca il cuore misericordioso del Padre.

 

Gesù Cristo, che ci si presenta come il Pastore Buono che conosce intimamente le sue pecore e dona loro la sua vita, perché abbiano la vita eterna, si rivolge a chi è inquieto ed oppresso perché si sente minacciato da un male oscuro.

 

A chi è assetato di felicità e di amore, angosciato dal mistero del dolore e della morte, Gesù Cristo assicura la vita eterna.

Solo Gesù è capace di riempire il nostro vuoto esistenziale, di far compagnia alla nostra solitudine perché ha un rapporto personale con ciascuno di noi, ci ama, ci conosce, ci chiama per nome, c'invita a seguirlo lungo i pascoli della vita

Le pecore nel vangelo di oggi sono descritte con tre caratteristiche: riconoscono e ascoltano la voce del pastore e lo seguono.

 Chi lo conosce in profondità, chi ascolta la sua parola di vita e lo segue ogni giorno non può essere rapito dalla sua mano.

Noi come suoi discepoli siamo invitati ad ascoltare la sua voce, ad aderire nella fede a Gesù, a corrispondere all’amore di Gesù con la pratica delle opere di misericordia corporale e spirituale nei confronti dei tanti crocifissi della storia.

 

Siamo invitati ogni giorno a rituffarci continuamente nell'abisso del suo amore misericordioso, a non rifiutare che Gesù custode delle nostre vite, quando abbiamo smarrito la strada, ci prenda per mano, ci carichi sulle sue spalle per riportarci all'unico ovile di cui egli è l'unico pastore.

 

Alla fine del vangelo di oggi c’è la parola più bella: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".

“La gloria di Dio è l’uomo vivente" diceva S. Ireneo.

 Gesù Cristo Crocifisso e Risorto si rivela a noi come un Dio dei vivi non dei morti. A chi lo segue egli promette la gioia piena e la vita eterna 


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