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Sportello giuridico - Tradere 28
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Quesito. Si domanda se un parroco, nell’ambito dei confini parrocchiali, può vietare ad una Confraternita di raccogliere fondi per le sue attività.
Risposta. La Commissione ritieneche il confine tra le due realtà “Parrocchia” e “Confraternita” sia abbastanza netto, nel senso che entrambe godono istituzionalmente di autonomia amministrativa e gestionale per quanto concerne le attività caratteristiche di ciascuna (can 215, can 298, can 319 c. 2).
Tant’è che sovente le Confraternite sono titolari di patrimonio mobiliare e, soprattutto, immobiliare, accumulato e gestito negli anni in maniera del tutto indipendente rispetto alle Parrocchie su cui insistono.
A proposito della raccolta di offerte, il Can. 1265 - §1 così recita: “Salvo il diritto dei religiosi mendicanti, si fa divieto a qualunque persona privata sia fisica sia giuridica di raccogliere denaro per qualunque fine o istituto pio o ecclesiastico, senza la licenza scritta del proprio Ordinario e di quello del luogo”. Indicazione recepita dalla CEI, con la delibera n. 59, che ha previsto come “Tutte le richieste di denaro e le pubbliche sottoscrizioni promosse da persone private, sia fisiche che giuridiche, chierici, [...], associazioni, gruppi, movimenti, comitati, per scopi pii o caritativi, richiedono il permesso scritto del proprio ordinario e di quello del luogo in cui si effettua la raccolta.”
Nel caso in specie, ad avviso della Commissione, sarebbe necessario capire se trattasi di una raccolta ufficiale, organizzata in grande stile per finanziare la realizzazione di qualche progetto, o piuttosto se ciò rientri nella più generale attività della Confraternita (can. 315). In quest’ultimo caso, infatti, si ritiene legittima l’attività dei Confratelli, a meno che le richieste in parola non abbiano suscitato perplessità di altro genere da parte del Parroco. Può anche farsi riferimento agli statuti/regolamenti particolari delle Confraternite e/o quelli diocesani che, generalmente, contengono indicazioni al riguardo.
Quesito. Si domanda se è possibile riattivare una Confraternita soppressa dal Vescovo diocesano due secoli fa.
Risposta. Le Confraternite non più esistenti al 7 giugno 1929 - come in questo caso, per soppressione avvenuta nel 1786 - possono certamente essere riattivate adottando i seguenti passi:
- aggregazione di un congruo numero di confratelli e consorelle che siano in regola col can.316;
- richiedere all’Ordinario Diocesano il Decreto di ricostituzione della Confraternita ai sensi dei cann. 301 - 312;
- dotarsi di uno Statuto organico da far approvare dall’Ordinario Diocesano, ai sensi dei cann. 304 - 314;
- un delegato dell’Ordinario (sacerdote o religioso) che convochi successivamente l’assemblea per l’elezione degli organi statutari ai sensi del can. 315;
- conferma degli eletti da parte dell’Ordinario Diocesano, ai sensi del can. 317;
Naturalmente la Confraternita è soggetta all’autorità dell’Ordinario Diocesano, a norma dei cann. 325-1301, per quanto riguarda l’amministrazione e l’impiego dei beni.